Aggiunto il 12 feb 2007
Intitolato al padre della psicoanalisi e rivolto, di anno in anno, alle varie
tematiche a lui care.
Il concetto di ES costituì la base principale del lavoro e del pensiero
freudiano. Una scelta naturale quella della sede indissolubilmente legata
alla figura di Freud che definì Lavarone “il mio rifugio perfetto”, immerso
negli splendidi scenari delle montagne del Trentino.
Il concetto della mostra parte dall’idea che l’artista, nella raffigurazione
della realtà dal proprio punto di vista, rappresenta il reale o il fantastico,
ma sempre in una connotazione “al di fuori” di sé: anche quando l’opera
non ha un significato esplicito o immediato, l’osservatore esterno va a
cercare i perché reconditi della rappresentazione stessa.
Ora si chiede all’artista di mostrare la sua parte più intima, la
percezione di se stesso.
Si mostra un’opera che diventa metafora dell’Es, dell’Io istintivo che
spinge per uscire e che in qualsiasi altra opera noi esterni andiamo a
ricercare incessantemente, spesso male interpretando quanto l’artista
vuole, o non vuole dire.
L’Io rappresentato è la liberazione del concetto di sé come spinta
istintiva.
Che si voglia dire o non si voglia dire, sarà comunque l’artista, che in quel
momento si mette in mostra quasi fosse un corpo nudo, esposto
all’osservazione di altri occhi.
L’io è una spiegazione impossibile di per se stessa dal punto di vista
figurativo in quanto concetto tra i più astratti, e quindi a maggior ragione
interessante e accattivante nella ricerca dell’immagine concreta di
qualcosa che non può essere spiegato.
Il protagonista assoluto della mostra è l’animo dell’artista, che
concretizzando il proprio sentire attraverso il gesto artistico, veicola la
propria interiorità verso l’esterno con la rappresentazione del proprio
autoritratto. Che questo ritrarsi sia psicologico o che possa volutamente
essere privo di significati intrinseci non importa.
L’elemento interessante è poter vedere quello che ogni artista ha da dire
di se stesso.